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Hayao Miyazaki
Un mondo di sogni animati
Il Castello nel Cielo: il mondo salvato dai ragazzini

Il Castello nel Cielo di Hayao Miyazaki ti aspetta al Cinema, dal 27 luglio al 2 agosto, nella rassegna Un mondo di sogni animati. Partiamo alla scoperta di questo capolavoro con l’approfondimento firmato da Luca Raffaelli.

Di Luca Raffaelli*

C’è spesso (anche se non sempre) un confronto tra gli adulti e i ragazzini nei film di Miyazaki. E d’altra parte l’esaltazione della giovinezza (quella dell’entusiasmo, della voglia di mettersi alla prova, della necessità di una propria costruzione) e il malumore nei confronti degli adulti (disattenti, corrotti, vogliosi di potere) è uno dei motivi centrali di tutta l’animazione giapponese.

Ne Il mio vicino Totoro gli umani sono tutti buoni: le sorelle protagoniste, il suo papà (magnifico) e, figuriamoci, anche gli animali magici. Ne La città incantata, invece, quasi nessuno si salva. Ne Il castello nel cielo abbiamo proprio la situazione classica: meno male che il mondo lo salvano i ragazzini.

Il primo film dello Studio Ghibli

È stato questo il primo film prodotto dallo Studio Ghibli, uscito il 2 agosto del 1986. Il produttore è Isao Takahata, maestro di Hayao Miyazaki e regista di Heidi e di capolavori dello Studio, come Una tomba per le lucciole. Miyazaki è autore del soggetto, della sceneggiatura e, naturalmente, della regia. È il suo terzo lungometraggio e uno dei suoi più lunghi: 124 minuti. Se per qualche motivo non avesse riscosso il successo (per fortuna l’ha ottenuto) sarebbe cambiata la storia del cinema. E invece due anni dopo ecco l’esplosione dello Studio Ghibli, con la data memorabile del 16 aprile del 1988 in cui escono contemporaneamente i già citati e diversissimi Il mio vicino Totoro e Una tomba per le lucciole (a riprova che poetica dello Studio e target di riferimento sono da verificare a seconda dei diversi progetti).

Dunque: Laputa è il castello nel cielo di cui si parla nei Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift. Di solito del libro si ricorda il primo episodio (quello che vede Gulliver legato a terra dai lillupuziani, narrato anche in uno sfortunato lungometraggio animato del 1939 dei Fratelli Fleischer, produttori di Betty Boop e Popeye). Tornato da quel viaggio, Gulliver parte per le Indie Orientali ma la nave viene attaccata da pirati olandesi. Il Nostro viene abbandonato sopra un’isola non lontano dall’India e viene salvato da una città volante: Laputa, appunto. Miyazaki non nasconde nel film la sua fonte d’ispirazione: Pazu mostra il libro di Swift a Sheeta, la ragazza caduta dal cielo.

Pazu e Sheeta, adolescenti meravigliosi

Sono loro i due protagonisti: adolescenti meravigliosi, personaggi che riempiono la scena ma soprattutto persone mature, piene, complete. Mentre dall’altra parte ci sono gli adulti: immaturi, stressati, dediti alla guerra e alla conquista di ricchezze: qualcosa che è al di fuori di loro, volto a riempire uno spazio interiore vuoto e irrisolto (non è forse per questo che nascono le guerre e i poteri infernali?). Naturalmente questo contrasto (fortissimo, bellissimo) viene risolto da Miyazaki in forma chiara e spettacolare. I pirati, ad esempio, diventano personaggi buffi e simpatici, utili a dare spettacolo utilizzando tutti quegli strumenti che Miyazaki ormai conosceva bene dopo le esperienze televisive tra cui quelle di Lupin e di Conan, il ragazzo del futuro (c’è molto di Conan in Laputa) e ovviamente anche nei suoi due film precedenti (Lupin III, Il castello di Cagliostro, del 1979 e Nausicaä della Valle del vento, di cinque anni dopo).

La parte iniziale del film, quella dopo i titoli di testa con la presentazione dei due personaggi principali, è una meraviglia assoluta. E la grandezza di Miyazaki non sta solo nel far compiere a Pazu e Sheeta i movimenti giusti per portare avanti la narrazione, ma quelli secondari, quelli che aggiungono informazione e poesia e ce li fanno conoscere in profondità.

Dunque: è buio e Sheeta sta miracolosamente cadendo lenta verso la terra. Dall’alto vediamo un negozio e ci entriamo dentro: è qui che incontriamo il ragazzo, giovanissimo, ma in grado di trattare gli adulti senza problemi e timori. Mentre acquista la cena veniamo a sapere che è impiegato in una miniera. Il suo comportamento è tranquillo, il suo volto sorridente. Nel suo tragitto verso casa, in aperta campagna, vede dal cielo come la caduta di una stella. “È una persona!”, grida quando, correndo, si è avvicinato abbastanza per vederla. Mostra tutta la sua abilità correndo sulle impalcature della miniera ed è bravissimo (e fantastico Miyazaki nel costruire la sequenza) quando Sheeta, tra le sue braccia, diventa pesante, perché svanisce l’effetto magico della pietra di Laputa.

Quando il suo capo gli chiede della cena lui cerca di spiegargli che una ragazza è caduta dal cielo. Ma lo sbuffo del vapore in un tubo copre le sue parole in maniera che lui non le senta (gli adulti devono occuparsi delle cose quotidiane, non delle magie). Pazu decide allora di avvicinarsi a lui scendendo in miniera ma, prima di farlo, si toglie il gilet da dosso per coprire Sheeta. Bravissimo.

La faccenda del vapore che copre la voce si ripete poco dopo quando Pazu è ormai accanto al suo superiore. Pazu comincia: “Capo, dal cielo è scesa una…”, ma ancora una volta le tubature sono più importanti di tutto il resto. Anche del mistero della vita.

Pazu viene poi impegnato in un compito di grande responsabilità che sarà in grado di svolgere perfettamente. Così la giornata di lavoro si chiude e non ci sarà più alcuna possibilità per il ragazzo di raccontare il proprio segreto. Meglio, perché i due ragazzi saranno soli quando Sheeta si sveglierà nella casa di Pazu, nel letto che lui, per gentilezza, ha lasciato che occupasse lei. Che bello, quando si sveglia e ricorda cosa è accaduto, lo sguardo pieno di soddisfazione nel vederla dormire placidamente. Ed è ancora splendido vedere come Pazu sia (lo so, l’ho già scritto) un personaggio pieno di umanità, maturo nella sua giovinezza, consapevole e felice in ogni gesto che fa, nello stiracchiarsi sul tetto della sua casa, nel far volare le sue colombe (che lo amano perché lo sentono in armonia con il mondo), nel suonare la sua tromba per dare l’ufficiale inizio alla giornata.

Proprio le colombe battezzeranno il loro primo incontro, in cui scopriremo (ma forse già lo immaginavamo) che sono due facce di una stessa medaglia, che si capiscono al volo, che sono fatti l’uno per l’altra. Il resto è avventura, lotta per la salvezza, per la buona memoria di un padre buono, per la scoperta di un mistero, perché non vincano i veri cattivi, per la salvaguardia del mistero dell’esistenza. Ma in questo inizio c’è già tutta la Verità di un film che parte da due personaggi meravigliosi che contengono una saggezza vivace e vitale, come solo i ragazzi (che hanno preso la vita nelle loro mani) possono essere. Il castello nel cielo è soprattutto una grandiosa storia d’amore fra ragazzini.

Una nota finale

Intorno all’undicesimo minuto, proprio quando per la prima volta si inquadra da lontano la casa di Pazu, si vede un sentiero che sale in alto verso un luogo sospeso in alto. Ecco: il percorso di quel sentiero, l’arco all’ingresso della casa che si affaccia su un burrone, più di tutte è questa la prova che Miyazaki per questo film si sia ispirato anche a Civita di Bagnoregio, splendido borgo a pochi chilometri da Viterbo che per anni è stato battezzato “la città che muore”. Se un giorno vi capitaste di andarci troverete sicuramente molti turisti giapponesi, che vengono a visitarlo proprio perché ha ispirato il grande maestro giapponese.

A Civita per anni, dal 2017, ho organizzato con il Progetto ABC della Regione Lazio e con Giovanna Pugliese, una manifestazione sul cinema d’animazione, fumetto e illustrazione dal titolo “La città incantata”, meeting internazionale dei disegnatori che salvano il mondo. Speriamo che si possa continuare a organizzare: i disegnatori non hanno ancora finito il loro lavoro…

* Luca Raffaelli (Roma, 6 giugno 1959) è considerato uno dei massimi esperti italiani nel campo dei fumetti e dell’animazione. Collabora con Lanciostory e La Repubblica (compresi il settimanale Il Venerdì e l’inserto culturale Robinson); dal 2003 scrive le introduzioni ed è consulente editoriale dei volumi a fumetti di Repubblica – L’Espresso. È stato direttore artistico di Castelli Animati, festival internazionale del cinema d’animazione di Genzano, e di Romics, festival del fumetto di Roma. Autore televisivo, scrittore e saggista, ha pubblicato vari libri per bambini (tra gli altri Un fantasma in cucina e Gianga e Perepè per Mondadori), Il fumetto per Il Saggiatore-Flammarion (1997) e Le anime disegnate. Il pensiero dei cartoon da Disney ai giapponesi e oltre (2005) per minimum fax. Il suo ultimo libro, Lo spazio dentro, è stato pubblicato nel 2021 da Editions Mincione. Come sceneggiatore ha collaborato tra l’altro alla scrittura di Johan Padan, film animato di Giulio Cingoli tratto da un testo di Dario Fo. Mina ha inciso una sua canzone, Ninna Pa’.
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