Un film attraversato da un amore intenso e rivoluzionario, un elogio originale dell’arte culinaria e della passione che la muove: Il gusto delle cose è al cinema.
Siamo nel 1885 in Francia. La cuoca esperta Eugénie lavora da 20 anni per il famoso gastronomo Dodin e, con il passare del tempo, la pratica dell’arte culinaria e l’ammirazione reciproca si trasformano in una relazione romantica. Ma Eugénie ama la sua libertà e non vuole sposare l’uomo che decide di stupirla e cucinare per lei.
Ispirato dal romanzo La vita e la passione di Dodin Bouffant, Gourmet di Marcel Rouff, del 1924, Il gusto delle cose è un dramma romantico, raffinato e commovente impreziosito dalla magistrale interpretazione degli attori protagonisti. Juliette Binoche e Benoît Magimel sono perfettamente in parte nei rispettivi personaggi e si percepisce potente e autentica la chimica tra loro sulla scena.
Eugénie è una donna dedita al lavoro, appassionata e non ha bisogno di un uomo per sentirsi completa e realizzata. In un’epoca lontana in cui la donna aveva molti limiti, lei non vuole sposarsi e sa cavarsela da sola. Dodin è un uomo innamorato, premuroso e ama la cucina. Come ha sottolineato l’attrice francese in conferenza stampa alla Festa del Cinema di Roma, l’essere stati una coppia nella vita reale forse ha aiutato il film a trasmettere un sentimento con sfumature e colori diversi.
«La scoperta di un piatto è molto più importante della scoperta di una stella» è lo slogan di Dodin Bouffant. Fin dal prologo, il film di Trần Anh Hùng ci avvolge con sequenze di cucina che incantano. Rimaniamo ipnotizzati da Juliette Binoche e Benoît Magimel mentre danzano di fronte ai fornelli, recuperano ingredienti, assaggiano e realizzano alcuni piatti assolutamente seducenti per il palato e per gli occhi. Il regista si prende il tempo giusto per esplorare l’arte della gastronomia, raccontandola come un rituale sacro che richiede passione, dedizione, fatica e attenzione per ottenere un risultato soddisfacente.
Sapori, odori e colori sembrano uscire dallo schermo e il pubblico si sente lì, in quella cucina inondata dal sole della campagna francese e poi seduto a tavola con gli eleganti signori della nobiltà mentre le pietanze vengono servite una dopo l’altra in un trionfo di gusto e creatività. Le verdure fresche passano dall’orto alla pentola, le padelle cantano, le salse scorrono per accompagnare i piatti. Mentre i vini fanno sospirare di estasi i gourmant seduti a tavola, completamente appagati da quello che non è solo pasto, ma un’esperienza.
Il gusto delle cose è una danza di sguardi, emozioni e sapori orchestrata da un regista che dirige come uno chef di un ristorante stellato guida la sua cucina. Ogni inquadratura e ogni movimento di camera è ben dosato come gli ingredienti di una ricetta ben riuscita. Merito anche del direttore della fotografia Jonathan Ricquebourg che avvolge il film in una tonalità calda e avvolgente che accoglie lo spettatore. Scelta coraggiosa l’assenza totale della colonna sonora e l’uso narrativo dei silenzi che, inaspettatamente, tengono il ritmo e catturano i rumori della natura e della cucina, i respiri, le stoviglie che tintinnano, e che hanno molto da raccontarci.